domenica 13 maggio 2018

Diario di un calcagno - Giorno 11


Un’ora e mezza stesa a terra, a far lavorare addominali e glutei, per finire con qualche serie di leg extension (la panca c’è, perché non sfruttarla?). Eppure, mi sembra di non aver fatto nulla, non mi viene nemmeno fame. Jader si è buttato sul triathlon (ovviamente con la Nikon), aspetto che torni per mangiare – colazione o pranzo, non fa differenza. 
La domenica mattina, dopo l’allenamento, mi piace stare a tavola col giornale: sempre partendo dall’ultima pagina, gustandomi a fondo l’inserto culturale poi scorrendo velocemente gli articoli iniziali.



Oggi non mi va di stare tanto al computer. Preferisco svaccarmi sul divano e perdermi nel Giro (Froome quest’anno mi fa penare, temo verrà licenziato). Sarà stato quel po’ di attività fisica, ma oggi mi sento più leggera. Nella testa, intendo. Che non equivale ad allegria o spensieratezza: è come uno stato di sospensione, un’attesa degli eventi senza pensare troppo agli eventi stessi.

C’è molto vento fuori. Raccolgo le lenzuola stese, prima che si attorciglino: letto disfatto e rifatto nel giro di poche ore. Stasera salmone al forno. Già che ci sono faccio anche una teglia di maccheroni per Jader: lui sì che oggi è indaffarato. È una gioia vederlo così coinvolto. Finalmente. Sembra quasi che i ruoli si stiano invertendo: prima ero l’unica ad essere totalmente rapita da una passione, ora è lui ad essere animato da un fuoco vitale – mentre io, per forza di cose, mi sto spegnendo. Eppure, sogno ancora di partecipare alle gare che lo vedranno impegnato come fotografo. Quanto ancora sognerò?

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