lunedì 14 maggio 2018

Diario di un calcagno - Giorno 12


Alla fine, rompere le scatole paga sempre. Basterebbe imparare ad essere più sprezzanti, a farsi meno scrupoli, a mettere nero su bianco: insomma, ad essere più stronzi. In senso buono, sia chiaro. Cioè: se quello che compri è una ciofeca, perché non dichiararlo? Con le dovute maniere, ovvio. Vale a dire: se ti chiedono una recensione, esprimi esattamente ciò che pensi. Io ho sempre tentennato a fornire giudizi negativi, temendo di offendere o di urtare qualsiasi sensibilità. Ma stavolta non mi sono trattenuta: quei pantaloncini di Decathlon sono una schifezza. L’ho scritto. E loro, non solo l’hanno pubblicato, ma mi hanno anche contattata offrendomi la possibilità di restituirli, pur senza scontrino ed etichetta. Così ci hanno guadagnato in considerazione – ed io ho un paio di short nuovi, decisamente migliori. Di sicuro, d’ora in poi non acquisterò più nulla senza averlo prima provato.

Sono dunque pronta per la prossima uscita in bici. Devo solo attendere la sentenza. Tutto sommato, la giornata è trascorsa abbastanza liscia. Indubbiamente la ginnastica aiuta. Stamane un’ora e un quarto di fitball – ho trovato un video con un’interessante serie di esercizi, abbastanza lunga, impegnativa il giusto. Certo, preferirei qualcosa di più massacrante, ma mi adeguo, facendo appello alle briciole di pazienza che restano sparpagliate qua e là. Intanto ho fatto passare la mattinata. Parto quindi per l’incursione, appunto, da Decathlon, dove un giretto si fa sempre volentieri. Nello specifico, equivale anche a camminare al di fuori delle quattro mura, indossando un paio di scarpe anziché di ciabatte. Poco è variato negli ultimi giorni, a volte mi pare di sentirmi meglio, altre mi sembra di essere sempre allo stesso punto. A questo punto, si tratta solo di fare passare la notte.

Nell’attesa, sono in vena di cazzeggio. Anche oggi il computer mi annoia, e non c’è nemmeno il Giro da guardare. Ottimo. Nessuna scusa: è il momento di leggere. Confesso mestamente che ho restituito il tomo infinito dopo “appena” trecento pagine, e ho ceduto al richiamo di un altro libro di cui si dice un gran bene: Le nostreanime di notte di Kent Haruf. In un paio d’ore te la cavi, e ne vale veramente la pena. Delicatissimo. L’incontro di due solitudini narrato attraverso i dettagli di una quotidianità semplice, forse piatta, ma nella quale ogni gesto esprime l’essenza di una vita intera: di ciò che è stata e di ciò a cui ancora aspira. Ora, come spesso accade uscendo soddisfatti dal primo incontro con un autore, vorrei leggere anche altre sue opere. Cercherò la prima della Trilogia della pianura, poi si vedrà.

Domani è un altro giorno.

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